Il vero viaggio è con se stessi. Una breve storia del mio pensiero.

Dubito di avere la piena certezza di qualcosa, ma secondo il mio modesto e, a volte, “strano” modo di vedere il mondo, credo che viaggiare significhi girare, camminare, assaporare ogni cosa tra la folla e provare la sensazione di essere soli, restare soli con se stessi; io di sicuro per la mia giovane età e per problemi economici, purtroppo non posso dire di essere un grande viaggiatore, ma dalla mia piccola valigia sono sicuro che anch’io avrei qualcosa da raccontare.

Vi è un aforisma che afferma: “chi torna da un viaggio non è mai la stessa persona che è partita”, come ogni aforisma o citazione, si può dire che sia la solita frase fatta ad effetto, ma priva di senso, io distruggo subito questo mito!Il viaggio

Ho visto pochi posti nel mondo, ho visto pochi posti del nostro stato; Torino, Ravenna, Venezia, Rimini, Svizzera, Germania e infine la Spagna, si potrebbe dire che sono città/stati piacevoli da visitare, soprattutto Venezia, meta molto ambita e “venerata”; ma cosa si intende veramente per viaggiare? Non è visitare un nuovo posto che ti fa conoscere il mondo, non è mettere piede su nuove terre che fa maturare la proprio conoscenza che si ha delle cose! In un pensiero che ho “fecondato” crescendo, ho capito che è il modo in cui lo si fa e il motivo per cui lo si fa; è il come si fa un qualcosa che dà un senso a tutto.

Aprile 2009 avevo diciotto anni, ero ancora un ragazzino (in tre anni si può crescere molto), viaggio d’istruzione in Spagna, visita a Barcellona e vari monumenti e le solite “fesserie” che si fanno nelle gite.

Tutti i miei compagni di scuola eccitati all’idea di partire, finalmente lontano da casa, liberi di poter fare quello che si vuole, bere, fumare e magari anche qualche “pasticchetta” lontano dai propri rompiscatole dei genitori, tutto questo per poter sentirsi adulti. Si, adulti in panico.

Intorno alle prime luci dell’alba la mattina di (non mi ricordo quale giorno) si parte, destinazione Barcellona; un bel po’ di ore in autobus per arrivare a Civitavecchia per poi da lì prendere la crociera che ci avrebbe portato alla meta tanto attesa. Due giorni e una notte su una crociera erano passati, arriviamo a destinazione, l’adrenalina era alle stelle (per me era solo alle “nuvole”), ci indirizziamo verso la città in cui vi era l’albergo dove alloggiavamo, Loret De Mar, fantastica, sembrava di essere in un vero e proprio film Hollywoodiano (anche se la Spagna con Hollywood c’entra ben poco).

La prima sera: fuga clandestina dalle stanze d’albergo, perché come al solito mancava poco che i professori rompi***** ci privassero anche di respirare.

Il nuovo mondo era lì fuori che ci aspettava, più che una gita sembrava un vero e proprio viaggio con la propria comitiva di amici. C’era di tutto, gente denudata che correva per strada, donne che urlavano senza motivo, uomini superpalestrati che si “spisciettavano” addosso e.. lascio immaginare.

Il mio viaggio era finito lì, anzi, in realtà non era mai iniziato; a differenza di tutti gli altri ragazzi mi distinguevo sempre per la mia stranezza, per il mio comportamento poco adeguato e consono ad un ragazzo di diciotto anni, ho sempre avuto diversi ideali, un diverso modo di ragionare, apparendo sempre un po’ “fuori di testa” (come si può definire chiunque sia diverso dal normale nella società odierna, anche se…. ma ne parlerò in separata sede).

In realtà per me non c’era nulla di strano, cioè si, magari non vedevo tutti i giorni gente che camminava nuda per strada, però ci pensavo poco, davo poca importanza, perché avevo la mente fissa altrove, fissa nell’immaginario di una vita che forse non esisteva. Ora è molto difficile da raccontare e riuscire a descriverla come esperienza, ma posso assicurare che quel viaggio mi è stato veramente d’aiuto per capire molte cose della vita, anche se, indirettamente perché ho capito che, in fin dei conti, da un viaggio non si impara niente, ma siamo noi stessi che ci trasportiamo in una realtà immaginaria, lontano da quella reale di tutti i giorni, come se fossimo in un sogno e potessimo avvertire ogni vibrazione del nostro inconscio, riuscendo a controllarla.

Non riuscirei mai a scrivere bene un racconto, non ne sono capace, sono dell’idea che si debba vivere un viaggio per poterlo capire.
Saranno parole contorte le mie, probabilmente difficile da riuscire a decodificare, ma sono sicuro che chi leggerà questo pezzo di tinta nera su sfondo bianco riuscirà a capire ciò che ho dentro, e ciò che significhi per me viaggiare.

Viaggiare non vuol dire star seduti in un autobus o in macchina, piuttosto che sul sedile di un aereo e chicchèssia, viaggiare significa affrontare le nostre paure, spostare il nostro corpo fuori dalla realtà controllata e, a volte, pesante, che ci opprime, liberarci; liberarci di noi stessi, e non degli altri, non della nostra terra d’origine dove abbiamo messo le radici, perché è proprio questo il problema. La maggior parte delle persone viaggiano per andare in vacanza, per rilassarsi, ma c’è anche chi viaggia per lavoro, chi è costretto a spostarsi, chi è stufo di farlo, ma dubito che ci sia qualcuno disposto a farlo solo per conoscere un po’ più di sé e meno degli altri o dell’altro.

Tutto ciò che si impara nel viaggio rimane con noi e tutto ciò che si lascia a casa viene con noi. Non ci si può mai distaccare dalla nostra origine e da ciò che siamo, possiamo solo automodificare il nostro essere e modo di pensare.

Viaggiate con voi stessi. 😉

Marko.