Il valore della fotografia: tra dire e sentire

Oggi sul blog ho un ospite, si tratta di Alberto Orrù, fotografo di matrimoni sardo. Alberto ha trattato un tema a me molto caro e cioè il racconto della fotografia, vista come una vera e propria arte e non come mero strumento commerciale, parlando del suo valore intrinseco e del perché troppo spesso (ahimè) sconfina in qualcosa di più superficiale.

Buona lettura 😉

 


 

Al giorno d’oggi vengono scattate milioni di fotografie. Ormai tutti hanno un telefonino con fotocamera, spesso migliore di tante fotocamere compatte. Alcuni di questi scattano anche in RAW (il negativo digitale) e permettono di essere impostati in manuale come le reflex professionali.

Statisticamente, più foto vengono scattate, più alta è la possibilità che in giro ci siano delle foto belle e in parte questo è vero, ma non sempre.

Il problema principale è che spesso la facilità con cui oggi si possono scattare le foto ci ha portato a riflettere meno su quello che stiamo per fotografare. Un tramonto ad esempio, il 90% delle volte è meraviglioso, scattare una bella foto del tramonto sarà sin troppo facile, tutti hanno scattato belle foto di tramonti e per carità devono continuare a scattarle, ma l’ennesima bella foto di un tramonto non darà un contributo all’evoluzione dell’arte fotografica.

Foto di Marko Morciano ©

Emblematico è il racconto di Gianni Berengo Gardin di quando ha incontrato Ugo Mulas e sfogliando le sue foto diceva “Bella, bella, bella” e Ugo Mulas arrabbiato a un certo punto gli dice “Basta se continui a dire che sono belle mi arrabbio” e Berengo Gardin allora gli chiede: “Cosa dovrei dire?”  “Buona” Risponde Mulas. La differenza principale tra foto bella e foto buona è che la prima è perfetta tecnicamente, ma non comunica nulla, la seconda può avere dei difetti, ma trasmette un messaggio.

Per scattare una foto buona non bisogna essere un professionista, ma bisogna prima di tutto essere delle persone sensibili. La foto dovrebbe prima nascere nella nostra testa e poi nel sensore della fotocamera. Spesso però avviene il contrario, e guardiamo il mondo attraverso il monitor del nostro telefono o della nostra fotocamera.

Oramai è quasi impossibile che i nostri smartphone tirino fuori delle foto brutte con tutti gli automatismi che hanno. Una foto non è la semplice pressione di un pulsante, anche una scimmia potrebbe farlo, la fotografia è arte e in quanto tale dovrebbe suscitare delle emozioni, che siano positive o negative non è importante. Non parlo necessariamente di Arte con la A maiuscola, ma di un’attenzione che non porti alla sua svalorizzazione.

Mi viene più semplice fare un parallelismo con la cucina.

Noi italiani amiamo mangiare e in media prestiamo più attenzione, rispetto al resto del mondo, alla cucina. Prendiamo un piatto di pasta aglio, olio e peperoncino, semplicissimo, penso che qualsiasi italiano saprebbe cucinarlo, ma anche per preparare questo piatto ci vogliono tutta una serie di attenzioni, tempo di cottura, la quantità di olio e di peperoncino.

Immaginiamo di cucinare questo piatto come vengono scattate oggi molte fotografie, sarebbe immangiabile. Ci vuole testa non si può fare a caso e per la fotografia è la stessa cosa. Le grandi case produttrici di fotocamere l’hanno capito già da tempo e stanno cercando di correre al riparo, facendovi credere che una fotocamera tecnologicamente più evoluta vi porterà a fare delle foto più belle. Falso! Canon nelle sue reflex ha inserito anche il tasto CA che significa Creative Auto, un tasto per la creatività automatica. Inutile dire che non serve a nulla.  La prossima volta che scatterete una foto, fermatevi, godetevi il momento, pensate e poi scattate.

 


 

Direi che Alberto ha racchiuso parte del mio pensiero sulla fotografia nel migliore dei modi possibili. Sposo a pieno questo “sfogo”, se così si può chiamare. Ad oggi con l’avvento dei social, soprattutto di Instagram, ci sono molte persone che associano la tecnica fotografica al numero corrispettivo di followers che hanno sui social oppure ancora al modello più potente di reflex che hanno. NO! Niente di più sbagliato.

Anche in una delle mie ultime interviste parlo dell’accezione di “Fotografo”, questa etichetta che oggi la gente si dà e che spesso viene criticata dagli altri. Ognuno è libero di auto-etichettarsi, se ne sente la necessità. C’è da dire anche che, magari, prima di ritenersi facenti parte del “mondo della fotografia”, quanto meno abbiate un minimo di conoscenze tecniche, giusto saper distinguere almeno il diaframma dalla velocità dell’otturatore, non dico molto.

Io penso che prima di sentirsi fotografi (e non definirsi) ci sia una vita davanti.

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